Johann August Eberhard, Storia delle controversie tra Papa Paolo V e la Repubblica di Venezia

Ispirato alla nota "Guerra dell'Interdetto", il testo Geschichte der Streitigkeiten Pabst Paul des fünften und der Republik Venedig, qui proposto in prima traduzione italiana, è apparso nel fascicolo del luglio 1784 della "Berlinische Monatsschrift", pp. 13-36. Al celebre e influente organo della Berliner Aufklärung, edito da F. Gedike e da J.E. Biester, Eberhard affiderà una dozzina di documenti a firma esplicita tra il 1783 e il 1787, prima cioè di incaricarsi a partire dal 1788 dell'avventura editoriale del "Philosophisches Magazin" e di quella "resistenza wolffiana" alla filosofia critica che attraverso le sue pagine venne perlopiù organizzandosi e consolidandosi. La presente traduzione, priva di integrazioni redazionali di carattere bio-bibliografico e di esplicazioni storico-linguistiche, ha inteso preservare l'originale fluidità del testo, il suo tono e lo specifico "taglio" editoriale.
breve estratto
È un pregio dei nostri tempi che la gerarchia della Chiesa romana, anche in quegli Stati in cui essa ha signoreggiato senza alcun limite, sia stata ricacciata nei confini delle leggi. Che ciò possa avvenire così felicemente, senza né pericoli né fatica, presuppone un grosso mutamento nella sapienza politica degli Stati europei, nel loro illuminismo e nella loro legislazione. Per poter attuare imprese di tale genere senza scalpore e senza violenti scossoni è necessario che le Costituzioni degli Stati abbiano acquisito tale stabilità e i governi tale fermezza da non dover temere nulla né dalle invisibili arti dei sobillatori spirituali, né dal fanatismo del popolo, né dalla falsa politica di poteri gelosi. I principi debbono conoscere meglio che in passato la propria dignità e i propri reali vantaggi. Devono ritenere più consigliabile tutelare la pace e il bene dei propri Stati dagli attacchi del potere spirituale che preservare il credito di questo potere con una falsa e riprovevole politica al solo fine di poterlo utilizzare come strumento di disgregazione e insurrezione in altri Stati.

Soltanto queste condizioni favorevoli possono rendere facile allo Stato di riportare delle vittorie sulle prepotenze della Chiesa; senza tali condizioni queste vittorie si possono conseguire solo superando grosse difficoltà. Difficoltà che soltanto nella nostra epoca sono state completamente rimosse. Quanti ostacoli non hanno incontrato, ancora pochi secoli fa, i più potenti e sapienti governanti nell'attuazione di progetti che non sono minimamente paragonabili a quelli che oggi vengono realizzati senza fatica. Per avvertire con convinzione questa fortuna, di cui dobbiamo esser grati sia all'illuminismo dei popoli che alla risolutezza e alla saggezza dei governi, non dobbiamo fare altro che confrontare ciò che adesso abbiamo sotto gli occhi con le imprese della Repubblica di Venezia agli inizi del diciassettesimo secolo. I suoi tentativi di salvaguardare i propri diritti erano deboli e insufficienti e nondimeno furono osteggiati dalla corte papale con un'ostinazione tale da rendere pericolosa e interminabile la lotta tra i diritti della sovranità temporale e le pretese di quella spirituale, ma sovente incerta la vittoria. Essa alla fine propendette bensì dal lato della giustizia ma solo dopo che la Repubblica di Venezia ebbe sostenuto la battaglia per lunghi anni e con dispendio di intelligenza, fermezza e aristocratica moderazione, che ancora oggi merita la nostra ammirazione. Il momento storico nel quale si colloca questa controversia era ancora propizio specialmente per le speranze del potere spirituale. Parevano giunti a maturazione i preparativi volti a consolidare nuovamente questo edificio pericolante, preparativi cui fino allora aveva lavorato in gran segreto un Ordine potente e scaltro. Con l'aiuto della diplomazia spagnola la Francia era stata ricondotta all'obbedienza alla sede papale; e si reputava di avere prospettive sicure di riparare ben presto, grazie alla loro riunificazione con essa, le crepe che la riforma della Chiesa aveva causato nell'edificio della Chiesa romana con la separazione di Germania, Inghilterra e regni del Nord, e forse di ampliarne ancora l'estensione con nuove conquiste.

Papa Paolo V, che allora governava la Chiesa, era asceso al trono spirituale con il saldo proposito di non rinunciare a alcuna delle singole rivendicazioni avanzate dai suoi ambiziosi predecessori; anzi, ove possibile, di incrementare con nuove pretese il potere della propria Cattedra. Già in giovane età egli aveva respirato i severi princìpi del diritto canonico e, nei suoi più umili incarichi, si era confermato in essi attraverso un utilizzo costante delle armi spirituali. In qualità di giudice della Sacra Rota aveva promulgato in cinque anni più editti di condanna che in mezzo secolo i suoi predecessori. Gli era appena stata imposta la tiara che già iniziava a lavorare all'ampliamento del potere papale e a mettere alle strette quello temporale con pretese del tutto nuove, per umiliare, come ebbe a dire, l'orgoglio dei re. Un episodio insignificante prolungò per cinque mesi la pace in Europa. Il sudore secreto da una immagine mariana e i sogni di un immaginoso indovino avevano annunziato al "Dio visibile in terra" una morte prossima. La paura della morte trattenne i suoi anatemi dal colpire le teste dei re, fino a quando il conforto di un'assemblea cardinalizia non gli ebbe restituito il coraggio. Il padre dei credenti credette allora di poter nuovamente commettere empietà. Dopo aver vagliato per un po' di tempo l'oggetto delle proprie attenzioni preferì appuntarle sulla Repubblica di Venezia, tanto più che il suo Senato si era da tempo reso odioso a Roma giacché, a differenza di altri sovrani, non conferiva regalie né versava tributi annuali. Si aggiunga altresì che in generale una Repubblica gli sembrò la più idonea ai propri obiettivi, poiché gli dava la speranza di poter vincere grazie ai dissidi interni nelle assemblee del Consiglio.
Breve estratto di Johann A. Eberhard, Storia delle controversie tra Papa Paolo V e la Repubblica di Venezia, trad. it. di Hagar Spano, in La teologia politica in discussione, a c. di S. Sorrentino e H. Spano, Fridericiana Editrice Universitaria, Napoli 2012, pp. 209-222.