Oliver Byrne, I primi sei libri degli Elementi di Euclide (Taschen)

«This facsimile is so rationalist, minimalist and aesthetically pure, every graphic designer, book lover and math nerd will be as awestruck as I was.» — The New York Times
«Questa edizione inglese del 1847 degli Elementi di Euclide è geometria che si fa poesia, è l'ottava meraviglia.» — Corriere della sera
breve estratto
La posterità ha trattato Oliver Byrne in modo piuttosto impietoso. Ciò riguarda in primo luogo la scienza matematica e il suo rapporto con la propria storia. Byrne non vi ricorre quasi per niente. Invano si cerca la spettacolare edizione degli Elementi nella Bibliographia Euclideana di Max Steck, sebbene però proprio lui si fosse rivolto alla "forma matematica" e già in Proclo, nel suo commento a Euclide, avesse rinvenuto la capacità visiva (Schaufähigkeit), per poi ricercare da qui una sintesi, passando per Nicola Cusano e Giovanni Keplero «nel rinnovamento di motivi pitagorici», e giungendo fino a Gottfried Wilhelm Leibniz. Una sintesi nella quale il mundus intelligibilis e il mundus sensibilis, l'astratto e l'esperibile a livello dei sensi, verrebbero visti insieme e a loro volta integrati in una totalità.

Lo stesso Byrne non avrebbe tuttavia voluto arrivare a tanto, né sotto il profilo storico né in linea di principio; il suo obiettivo, egli credeva, restava didatticamente rivolto alla immediata comprensione e utilizzo della matematica. E tuttavia il suo Euclide avrebbe dovuto e potuto portare alle più fondamentali riflessioni. A tal riguardo Steck era convinto che la matematica non possa essere ricondotta, «come avviene per la logica pura», a semplici concetti e che invece valga quanto segue: «La partecipazione dell'intuizione alle sue conoscenze è incontestabile, poiché i mathemata sono resi possibili non già dai concetti ma piuttosto solo attraverso la loro costruzione». Steck si rifece a Andreas Speiser e alla sua Mathematische Denkweise (1932) e — con riguardo alla formazione scientifica dei concetti — anche a Heinrich Rickert, che da parte sua ammoniva a tal proposito che alla matematica non è dato alcun materiale e che essa deve crearselo. Tale è, a parere di Rickert, il motivo per cui domande su definizioni estensive delle rette (l'«assolutamente semplice») si dimostrano superate, così come con il tentativo di «voler definire blu o rosso» si farebbe solo una "esibizione". Le definizioni bastano a se stesse. Nel 1932, nel suo primo capitolo dedicato alle "definizioni" (Abgrenzungen), Speiser rinviava al fondamento di legittimità (Rechtsgrund), il quale in tutti gli ulteriori interessi pensabili e estrapolazioni risiede «per la matematica nel giudizio matematico».

La Mathematische Denkweise di Speiser fu dedicata nel 1932 a Raoul La Roche, committente di Le Corbusier. Per lui la prossimità tra mondo matematico e mondo artistico è fuori discussione, già solo sulla base delle valutazioni sulle loro condizioni e del loro fondamento di legittimità. Le scienze sarebbero «determinate dai loro fondamenti di legittimità e a questo livello le visuali matematiche e artistiche rientrano nell'ambito spirituale, mentre l'esperimento e la tradizione appartengono al mondo esterno». Ciò alimenta naturalmente la visuale secondo cui le forme e le figure matematiche debbano essere anche viste e valutate filosoficamente come spontanee invenzioni umane e non, puramente, quale risultato di necessità scientifiche. Un più ampio «sistema del nostro sapere (i.e. il sistema dell'esperienza complessiva)» richiederebbe tuttavia un siffatto «contesto operativo (Leistungszusammenhang) scientifico» nel quale «l'evidenza del mondo empirico» e la psicologia nel suo complesso accampano il loro diritto. Nella sua discussione sui Limiti dell'elaborazione concettuale scientifico-naturale Rickert ha messo in luce la contraddizione tra "perfezione logica" (di un concetto) e intuizione empirica, allo scopo di "ammorbidirla" tenuto conto della effettiva efficacia del mondo fisico. Niente esonera da queste difficoltà. Le prospettive culturali, qualora per caso le asserzioni matematiche debbano esser prolungate efficacia nelle attività estetiche, rafforzano l'opposizione in modo ulteriore. Sin dalla sua dissertazione di Würzburg del 1908 Ernst Bloch aveva individuato nelle "oscillazioni" metodologiche di Rickert il tratto caratteristico della sua filosofia e aveva illustrato ciò alla luce dei mutamenti che si annunciavano già attorno al 1850 e dei divergenti interessi.

Queste domande possiedono dunque in questa specifica accentuazione e intensificazione il loro spazio storico. Ciò che era iniziato nel 1847 con la "logica formale" di Augustus de Morgan, avversario di Oliver Byrne, culmina per Edmund G. Husserl in quella "crisi" che egli fissa nel concetto di matematizzazione e che collega alla "perdita di significato per la vita" da parte della scienza.
Breve estratto (senza note) di W. Oechslin, The First Six Books of the Elements of Euclid, didaktisch, farbig und exzentrisch, trad. it. a cura di Hagar Spano, in O. Byrne, The First Six Books of the Elements of Euclid, edizione italiana, spagnola e portoghese, Taschen, Köln 2013.